
PIOMBINO
Piombìno (AFI: [pjomˈbino][6]) è un comune
italiano di 32 417 abitanti[3] della provincia di
Livorno in Toscana. Centro principale della Val di
Cornia[7] e principale polo dell'industria siderurgica della
regione, è tra i più importanti porti italiani per traffico
passeggeri. La città conserva testimonianze del suo passato, dalle
origini etrusche al Principato di Piombino di cui
era la capitale; la sua lunga storia è sintetizzabile nei monumenti
architettonici e nelle opere d'arte che si conservano nel centro
storico, alla cui realizzazione contribuirono anche Leonardo da
Vinci e Andrea Guardi.
Età
antica
I primi
insediamenti nel territorio risalgono almeno ai tempi degli Etruschi,
quando, sul versante nord del monte Massoncello sul promontorio
di Piombino, dove si trovava l'antico Porto Falesia, venne
fondata Populonia[10], la città portuale più importante
della Dodecapoli etrusca. Successivamente la zona fu romanizzata
e per secoli seguì le sorti dell'Etruria romana.
Nel 417 circa Rutilio Namaziano testimoniò la
decadenza della zona nel De reditu suo, dove cita Populonia come
città «morta», abbandonata dopo le invasioni barbariche del
IV secolo. Il poeta descrisse anche il porto Falesia, citando
per la prima volta il nucleo originario di Piombino, oggi
Portovecchio.
Alto
medioevo
Sembra ormai accettato che il nome Piombino derivi
da Populino, cioè piccola Populonia. Infatti Populonia è
profondamente legata alla nascita di Piombino; durante il medioevo
Populonia fu spesso attaccata e depredata. Populonia venne
saccheggiata nel 546 da Totila, capo dei Goti;
nel 573 la città subì l'ennesimo saccheggio, questa volta
ad opera dei Longobardi, assalto che costrinse il vescovo
Cerbone (San Cerbone) a rifugiarsi all'isola d'Elba. Infatti
nonostante Populonia fosse ormai ridotta a piccolo centro e non fosse
più l'antica gloriosa città etrusca, era la sede della diocesi.
L'ultimo saccheggio subito dall'abitato è registrato
nell'anno 809 ad opera degli orobiti, pirati di origine
slava che vivevano sui monti del Peloponneso[11]. Fu allora che i
pochi abitanti fuggiaschi si spostarono presso il porto Falesia
mettendo le basi a quella che sarebbe divenuta Piombino. I secoli IX
e X hanno lasciato scarse e frammentarie testimonianze. Sulla base
della toponomastica locale è stato suggerito che i profughi di
Populonia abbiano trovato nella zona tarde sopravvivenze germaniche e
precisamente Goti. Ciò spiegherebbe, ad esempio, il
toponimo gotico Tolla[12], una collina nei pressi del porto
di Piombino.
L'egemonia della Repubblica di Pisa
Nel 1022 venne fondato
il monastero di San Giustiniano di Falesia nei pressi
dell'omonimo porto Falesia, ad opera di sei monaci
dell'ordine benedettino, figli del conte Tedice della nobile
famiglia che successivamente verrà conosciuta come Della
Gherardesca, dotandolo di cospicue rendite fondiarie; è da notare
che la presenza del monastero favorì intorno ad esso l'attività di
pescatori, naviganti e lavoratori, qua possiamo scorgere l'embrione
di quella comunità che diverrà Piombino. Nell'XI secolo, sul
promontorio di Piombino erano presenti nella parte a nord i resti
della città di Populonia e il ricco Monastero di San
Quirico appartenente all'ordine benedettino; a sud il Monastero
di San Giustiniano di Falesia, anch'esso benedettino e forse
localizzato presso lo scomparso oratorio di Santa Maria di Faliegi,
la Rocchetta e lo scalo del porto Falesia.
Uberto, abate del monastero di San Giustiniano, cedette in
seguito parte dei beni del monastero all'Opera della Primaziale
Pisana retta da Ildebrando degli Orlandi e da quel
momento la città divenne soggetta alla repubblica pisana,
ricoprendo il ruolo di secondo porto: si trattava del porto di
Falesia, che prese successivamente il nome di Portovecchio nel 1466,
quando fu costruito il Porticciolo della Marina. L'abitato nato
in prossimità del monastero, ormai città, divenne un porto
fortificato strategico per gli interessi di Pisa, soprattutto
come scalo nei traffici con le miniere dell'Isola d'Elba. Il
nome Piombino è attestato nel 1114 nella
forma Plumbinum e questo ha dato origine alla leggenda
secondo la quale il nome deriva dal peso in piombo
(in latino plumbum) da pagarsi come dazio portuale,
leggenda che però non sembra avere fondamento storico. La città era
cinta da mura, dove si aprivano due porte: la Porta a Mare
(distrutta) e la Porta a Terra, tutt'oggi esistente. Alla metà
del secolo XII la cittadina dominata dall'abbazia si trasformò in
libero comune con proprie istituzioni e regolamentazioni.
Le rivalità tra la Repubblica di Pisa e quella di Genova portarono
tra l'XI ed il XII secolo a conflitti che videro Piombino presa e
saccheggiata dai Genovesi. In questo periodo la città fu sotto
l'amministrazione di un governatore civile e militare
della Repubblica di Pisa, che portava il titolo di Capitano.
Nel 1248, durante il governo di uno di questi Capitani, Ugolino
Arsopachi, vennero costruiti i Canali di marina. Nel 1376 Papa
Gregorio XI visitò Piombino, nel suo viaggio
da Avignone a Roma.
Dalla Signoria al Principato di Piombino
Nel 1399 Gherardo Leonardo
Appiano, ceduta Pisa che la famiglia possedeva
dal 1392 ai Visconti di Milano per 200
000 fiorini, riservò per sé e i suoi successori Piombino, che
il 19 febbraio del 1399 diveniva Signoria indipendente.
Gherardo Appiano divenne anche signore
di Populonia, Scarlino, Suvereto, Buriano, Badia
al Fango e delle isole di Pianosa, Montecristo ed Elba ed
edificò la propria residenza a Piombino nella Piazzerella
(attuale piazza Bovio). Erede ne fu il figlio Jacopo II
Appiano, minorenne e quindi sotto tutela della madre, donna Paola
Colonna: in questo periodo lo stato fu sotto la protezione
di Firenze prima, di Siena poi, e infine
nuovamente di Firenze. Morti Jacopo e Paola, nel 1445 governò
il principato la sorella Caterina Appiano sposata a Rinaldo
Orsini, che divenne cosignore di Piombino fino alla morte nel 1450.
Dopo questi seguì Emanuele Appiano (figlio di Jacopo
I e fratellastro di Gherardo Leonardo Appiano), che lasciò poi
al figlio Jacopo III, il quale incentivò nuove costruzioni
militari. A Jacopo III successe il figlio Jacopo
IV, durante il cui governo (tra il 1501 e il 1503) Cesare
Borgia occupò Piombino divenendone Signore; alla morte
di Alessandro VI tutto tornò nelle mani dell'Appiano. Dopo
questi furono signori Jacopo V e suo figlio Jacopo VI:
tra il 1548 e il 1557 Cosimo I de'
Medici Granduca di Toscana si impossessò dello Stato di
Piombino, cedutogli dall'imperatore Carlo V. Il figlio di Jacopo
VI, Alessandro Appiano mantenne il potere per poco, ucciso
in una congiura, e gli successe il figlio Jacopo VII, che
nel 1594 ottenne il titolo di Principe dall'imperatore Rodolfo II d'Asburgo. Alla sua morte si aprì un
periodo trentennale estremamente confuso, eccetto che durante il
governo della principessa Isabella Appiano; dopo alterne vicende
il principato nel 1634 venne ufficialmente concesso
dall'imperatore Ferdinando II d'Asburgo e da Filippo
IV di Spagna a Niccolò Ludovisi. Nel 1706 il
principato passò in via ereditaria ai Boncompagni. Nel 1799 le
truppe Francesi penetrano in Italia e nel 1805 Napoleone,
assegnò il Principato, insieme a Lucca, alla sorella Elisa
Bonaparte Baciocchi: nacque così il Principato di Lucca e
Piombino. Dopo la definitiva disfatta di Waterloo nel 1815,
nonostante le richieste del principe Luigi I Boncompagni-Ludovisi di
riavere la sovranità sullo stato, venne sancita l'annessione del
territorio dell'ex-principato al Granducato di
Toscana degli Asburgo-Lorena retto da Ferdinando
III.
Dal Congresso di Vienna al XX secolo
Dopo la fine del Principato e
l'annessione al Granducato, il territorio di Piombino fu inserito
nel compartimento granducale di Pisa (i
compartimenti granducali corrispondevano all'incirca alle odierne
province toscane) per poi passare nel 1834 al compartimento
di Grosseto. Nel periodo tra il 1831-1832 iniziò la bonifica del padule
di Piombino (lago di Piombino), voluta da Leopoldo II di Lorena.
Nel 1860 il Granducato di Toscana, e quindi anche il
territorio dell'antico stato di Piombino, si unirono al regno
d'Italia. Lo stesso anno la nuova provincia di Grosseto cedette
Piombino e i comuni della Val di Cornia alla provincia
di Pisa. La rivoluzione industriale italiana mosse i suoi
primi passi anche a Piombino. I primi insediamenti industriali si
ebbero tra il 1860 e il 1870 e nel 1891, per
iniziativa degli inglesi R. W. Spranger e J. H. Ramsay, venne
impiantata la fabbrica Magona d'Italia. Nello stesso periodo si
sviluppò la Società Anonima Alti Forni e Fonderie di Piombino, che
qualche anno dopo si fuse con la Società Elba formando un potente
trust siderurgico, che assunse dal 1918 la denominazione
di Ilva. Piombino si avviava così a diventare uno dei maggiori
centri industriali italiani[13]. Nel frattempo le mura vennero quasi
totalmente demolite (1903) e la città si espanse oltre il nucleo del
centro, verso la zona industriale, l'entroterra, e la zona marina
di Salìvoli. Con l'avvento del Fascismo tutte le
funzioni in precedenza svolte dal sindaco, dalla giunta e dal
consiglio comunale vennero trasferite ad un podestà.
Nell'ottica fascista di un riordinamento amministrativo, nel 1925,
per interessamento personale del gerarca Costanzo Ciano, nativo
di Livorno, Piombino e molte altre località limitrofe della Val
di Cornia e delle zone vicino Cecina vennero inserite
nella Provincia di Livorno, ampliandola considerevolmente[14].
In tale occasione Piombino divenne capoluogo del nuovo circondario
omonimo[15].
Seconda
guerra mondiale
Piombino durante la seconda guerra
mondiale subì pesanti bombardamenti essendo sede di importanti
industrie siderurgiche. La Battaglia di Piombino, del 10
settembre 1943, è ritenuta dagli storici una delle prime pagine
della Resistenza italiana. I bombardamenti segnarono
profondamente la città, obbligando la cittadinanza a trovare rifugio
nelle campagne della Val di Cornia. Si salvarono alcune parti
delle fortificazioni medievali e alcuni monumenti di valore
ambientale e architettonico nei quartieri affacciati sul mare.
